Quel giorno, mi lasciai tentare da uno spettacolo insolito e bizzarro: il wrestling delle cholitas. Si trattava delle donne indigene di etnia Aymara che lottavano sul ring con i loro abiti tradizionali. Nonostante fosse un evento piuttosto turistico, mi dissero che era anche una forma di espressione culturale che sfidava gli stereotipi di genere e di classe.
Mi recai alla periferia di La Paz, in un quartiere povero e malfamato, dove si teneva l’evento. All'ingresso della palestra, mi diedero un biglietto con una caricatura di una cholita che ne picchiava un’altra e la signora al botteghino ci tenne a precisare che nel prezzo erano compresi i popcorn, due ingressi al bagno e una navetta per tornare in centro, perché era pericoloso restare lì dopo le sette.
Nel frattempo, ero abbastanza sicuro di sentire la musica di Rocky provenire da dietro la tenda. Entrai e fui stupito dalla grandezza dell'edificio. Vidi il ring al centro, e attorno tre file di sedie arancioni in plastica già piene di spettatori. Da un lato, c'erano degli stand che vendevano birre, popcorn e bevande varie, e persino dei souvenir improbabili. Mi accorsi che oltre alle sedie arancioni, c'era una gradinata laterale occupata da famiglie boliviane e fui sorpreso nel vedere degli spettatori locali, nonostante fosse strano vederli così ben separati dai turisti.
Feci appena in tempo a ritirare la mia busta di popcorn in omaggio e mentre mi accomodavo in una delle sedie arancioni, vidi la prima cholita entrare in scena, mostrando i muscoli e facendo ripetere a gran voce il suo nome. Aveva una gonna blu elettrico, i capelli raccolti nelle tipiche trecce da cholitas e dei sandali non adatti a fare salti o capriole. Capì dal suo atteggiamento che era la cattiva. Venne poi annunciata la seconda cholita, che entrò in scena danzando e invitando alcuni ragazzi del pubblico a ballare con lei. Aveva una gonna rosa e un’aria timida. Capì che era la buona. Salì poi sul ring anche l’arbitro, e chiese alle due di stringersi la mano. La cattiva, senza alcun preavviso, colpì a tradimento la buona con un pugno in faccia: era iniziato il match.
Lo spettacolo durò un'ora e mezza e consistette in tre incontri dove la dinamica buoni contro cattivi era sempre piuttosto chiara. La maggior parte degli incontri vedeva le due cholitas affrontarsi con mosse spettacolari e comiche, coinvolgendo il pubblico e gli oggetti presenti nell’arena. C'erano anche degli uomini che le prendevano di santa ragione ma che cercavano di imporsi senza mezzi termini. I cattivi usavano oggetti proibiti come sedie, bastoni e lattine di birra in faccia, mentre l’arbitro fingeva di non vedere o addirittura partecipava attivamente. La maggior parte degli incontri avveniva fuori dal ring, di fronte alla tribuna dei locali che contribuivano lanciando popcorn e bevande sui cattivi. I buoni di solito reagivano con coraggio e infine vincevano, sotto gli applausi dei presenti.
Quando partì la musica finale, tutto attorno era un macello indescrivibile: popcorn per terra, lattine di birra schiacciate e sedie per aria; il pubblico in piedi a inseguire le atlete, mentre una fila di persone si era creata in attesa di fare delle foto. Pensai che si può essere attiviste in molti modi: persino facendosi scaraventare con la schiena per terra al centro di un ring a seguito su una mossa di suplex, giusto pochi minuti dopo aver chiuso la propria bancarella di frutta locale al mercato della città.